Sentenza n. 178/2015; Corte Costituzionale

Sentenza n. 178/2015 Corte Costituzionale; – GLI AVVOCATI LIOI, MIRENGHI E VITI OTTENGONO LA DECLARATORIA DI INCOSTITUZIONALITÀ DEL BLOCCO SISTEMATICO DELLE PROCEDURE CONTRATTUALI NEL PUBBLICO IMPIEGO, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 39 DELLA COSTITUZIONE.

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Con la storica sentenza n. 178 del 24 giugno 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del c.d. “blocco della contrattazione dei pubblici dipendenti” e dunque degli stipendi della P.A.

La pronuncia della Consulta originava da due giudizi pendenti rispettivamente, dinanzi al Tribunale di Roma in funzione di Giudice del lavoro, in cui lo Studio legale Lioi e Associati difendeva associazioni sindacali rappresentative di dipendenti pubblici, e dinanzi al Tribunale di Ravenna.

Nel giudizio principale i sindacati chiedevano di accertare il diritto a dar corso alle procedure contrattuali relative al triennio 2010-2012 e di condannare l’ARAN ad avviare le trattative per il rinnovo dei contratti, deducendo, a sostegno di tali domande, l’illegittimità costituzionale della normativa che “congela” i trattamenti economici degli impiegati pubblici e “blocca” la contrattazione collettiva “con possibilità di proroga anche per l’anno 2014”.

I giudici del lavoro, ritenute le questioni non manifestamente infondate, adivano la Corte Costituzionale.

Nel giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale lo Studio Lioi e Associati otteneva anzitutto l’ammissione dell’intervento di una Confederazione sindacale non presente nel giudizio a quo, dimostrandone l’interesse sulla base di plurime argomentazioni, tra cui l’avvenuta sottoscrizione, da parte della Confederazione, di un CCNL unitamente ad un sindacato parte del giudizio dinanzi al giudice remittente.

La sentenza pur facendo salva la costituzionalità delle norme censurate in ragione della durata limitata delle restrizioni, introdotte per il solo triennio della tornata contrattuale nei confronti dell’intero comparto pubblico, in una dimensione solidaristica, nonché in ragione della “particolare gravità della situazione economica e finanziaria, concomitante con l’intervento normativo” riveste un’importanza storica nella parte in cui dichiara invece l’incostituzionalità del blocco sistematico delle procedure contrattuali, per violazione dell’art. 39 della Costituzione.

Come statuito dalla Consulta, tali procedure “si incentrano sul protrarsi del “blocco” negoziale, così prolungato nel tempo da rendere evidente la violazione della libertà sindacale”.

Dopo aver richiamato le fonti nazionali ed internazionali che tutelano la libertà sindacale e la contrattazione collettiva, tra cui, otre all’articolo 39 delle Costituzione, le convenzioni OIL n. 87 e 98, la CEDU e la Carta Sociale Europea, la Corte riconosce che “il reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica negoziale […] sconfina, dunque, in un bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale, indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti (artt. 47 e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001), ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all’interno di una coerente programmazione finanziaria (art. 81, Cost.).

Il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall’art. 39 Cost., proprio per questo, non è più tollerabile”.

Quindi, pur facendo salvo il sistema della contrattazione per il periodo già trascorso, la Corte Costituzionale ha accertato l’illegittimità costituzionale del blocco della contrattazione, in ragione del suo carattere strutturale, con effetti a partite della pubblicazione della sentenza affidando al legislatore il compito di “dare nuovo impulso all’ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato”.